Studio Amministrazioni Condominiali
Francesco Ventura
31-05-2021

Il condominio deve provare il danno prodotto dalla sostituzione della canna fumaria di una panetteria

Approfondimento

L′appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale è modifica della cosa comune conforme alla sua destinazione, che ogni condòmino può apportare a proprie cura e spese, sempre che non impedisca l′altrui paritario uso, non metta a rischio la stabilità e sicurezza del palazzo e non ne alteri il decoro architettonico. A dirlo è il Tribunale di Roma con sentenza numero 344 dell′11 gennaio 2021. I fatti È un condominio ad aprire il caso. Secondo il regolamento contrattuale, lamenta, è vietato adibire e far adibire alloggi e locali ad uso diverso da quello di abitazione civile, ufficio, studio. Non è permesso, quindi, destinarli ad impianti in funzionamento notturno o emananti esalazioni nocive sgradevoli e altro. Nonostante il divieto, però, un proprietario aveva locato l′immobile ad una Srl che vi aveva realizzato un′attività di ristorazione e panificio aperta oltre l′orario previsto e produttiva di esalazioni nocive e sgradevoli. Inoltre, la ditta - per svolgere la sua attività - aveva sostituito la canna fumaria esistente con una più grande, collocandola nella facciata interna del condominio sulle mura perimetrali. Opera che, per l′impatto visivo e cromatico, ledeva il decoro architettonico del cortile su cui affacciavano alcune abitazioni e limitava il pari uso altrui. I danni che rilevava il condominio Compromessa, secondo l′ente, pure la stabilità del palazzo per il trancio dell′architrave della finestra del locale. Di qui, la richiesta di accertare la violazione del regolamento e condannare la Srl all′immediata cessazione dell′attività con ripristino dei luoghi. Il proprietario del locale contesta le accuse mentre la società eccepisce questioni tecniche e, quanto alla canna fumaria, l′uso in virtù di contratto di locazione ed il fatto che quella vecchia non fosse a norma. Il Tribunale supera le eccezioni procedurali e boccia le domande. Le clausole dei regolamenti, ricorda, hanno lo scopo di limitare il godimento e l′uso del bene privato per il comune superiore interesse della collettività ma saranno valide e vincolanti solo se contenute in un regolamento contrattuale o, se assembleare, qualora approvate all′unanimità. Questo, però, non basta per l′opponibilità. La prova del diritto di servitù Se il regolamento non è richiamato con adesione nell′atto di acquisto, le clausole limitative potranno opporsi ai nuovi titolari del bene soltanto se indicate in un′apposita nota distinta da quella dell′atto di acquisto non essendo sufficiente la trascrizione dell′intero regolamento. Ecco che, nel caso specifico, andava provata sia l′esistenza del diritto di servitù che la sua opponibilità ai terzi acquirenti. Chi agisce, in sintesi, ha l′onere di dimostrare che eventuali disposizioni del regolamento condominiale limitative del diritto di proprietà esclusiva dei singoli abbiano natura contrattuale. E, se si tratti di clausole predisposte dall′unico originario proprietario dell′edificio dovrà provare che siano state accettate dai singoli nei rispettivi atti di acquisto delle proprietà esclusive o in separati appositi atti. Se, invece, siano clausole deliberate dall′assemblea dovrà attestarne l′approvazione unanime. Ancora, andrà documentato che le clausole del regolamento limitative dei diritti su proprietà esclusive abbiano trascrizione precedente all′atto di acquisto del terzo. Non sarà, quindi, sufficiente un generico rinvio al regolamento contenuto nella nota di trascrizione. Conclusioni Ma il condominio non aveva depositato copia conforme del regolamento e nota di trascrizione. Mancava, perciò, sia la prova della sua natura contrattuale, che della trascrizione, che della trascrizione del vincolo. Infine, l′uso del muro perimetrale non alterava la naturale destinazione di sostegno dell′edificio, costituendo normale esercizio del diritto d′uso della cosa comune a prescindere dalla nuova dimensione della canna. Così, esclusi limitazione di luce e veduta, alterazione del decoro e pregiudizio alla statica dell′immobile, il Tribunale romano respinge tutte le richieste stilate dal condominio.