Studio Amministrazioni Condominiali
Francesco Ventura
17-03-2022

Installare una canna fumaria rientra nelluso più intenso della cosa comune

Ciascun condomino può, pagandone le spese ed anche senza approvazione da parte degli altri, costruire la canna fumaria apponendola all′esterno delle mura condominiali. Si tratta, infatti, di una semplice esplicazione del potere del singolo proprietario di usare il bene comune soggetto soltanto al rispetto degli eventuali limiti imposti dal regolamento contrattuale. Ad affermarlo, è il Tribunale di Roma con sentenza 19747 del 20 dicembre 2021. I fatti Accende la lite un condominio con ricorso teso ad ottenere la dichiarazione d′illegittimità dell′istallazione di una canna fumaria all′interno della chiostrina comune, e con appoggio su uno dei muri perimetrali, ad opera di una proprietaria. Di qui, la richiesta di condanna della donna o della conduttrice e committente ad un′immediata rimozione integrale della canna con ripristino della parete della chiostrina ove era stata ancorata. Il tutto, con ulteriore pretesa di una somma di denaro a titolo di penale per ogni giorno di violazione, di successiva inosservanza o di ritardo nell′esecuzione del provvedimento cautelare. Secondo il regolamento, difatti, erano vietate non solo le innovazioni ma anche le modifiche delle cose comuni senza l′autorizzazione dell′assemblea. Controparte eccepisce di aver chiesto l′autorizzazione ad installare la canna fumaria per ovviare a problemi di immissione di fumi e che dal parere del legale convocato dall′assemblea emergeva la legittimità dell′opera anche senza il consenso maggioritario degli altri condòmini purché fosse rispettato l′uso del muro comune da parte di tutti e non venisse alterata la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Tesi accolta dal Tribunale che boccia la domanda del condominio. I limiti regolamentari Un solido orientamento, spiega, rileva che un regolamento condominiale di natura contrattuale (redatto dall′originario costruttore dell′edificio e richiamato nei singoli atti di acquisto delle varie unità, o adottato in assemblea dalla totalità della compagine) può legittimamente apportare esclusioni o limitazioni alle facoltà che ordinariamente competono ai comproprietari sulle parti comuni. In altri termini, esso può essere derogato sulla base di un regolamento originario o di una delibera assembleare adottata con il consenso unanime dei partecipanti, rendendo più stringenti i limiti di utilizzo delle parti comuni. Ma ciò, senza mai giungere al risultato di un divieto generalizzato (Cassazione 2114/18). Ebbene, nella vicenda, non era chiaro se il regolamento invocato fosse o meno contrattuale, perché solo in caso positivo il divieto poteva prendersi in considerazione. E, allora, già per tale ragione la richiesta non poteva essere accolta. Peraltro, anche qualora ne fosse stata accertata la natura contrattuale, il regolamento stesso prevedeva che la delibera che eventualmente neghi il consenso in questione sia motivata e che contro essa l′interessato possa ricorrere all′autorità giudiziaria. In sintesi, si esige che il divieto abbia una sua oggettiva ragionevolezza e giustificazione. Non era lecita, allora, l′intenzione del condominio di vietare, come accaduto nella specie, l′installazione di una canna fumaria unicamente per la mancata autorizzazione assembleare senza prospettare altre ed oggettive motivazioni a supporto del diniego. Soluzione, questa, contraria allo stesso patto contrattuale vigente tra i condòmini. Inevitabile, quindi, la decisione del Tribunale di Roma di respingere la domanda.