Studio Amministrazioni Condominiali
Francesco Ventura
22-10-2022

È violenza privata parcheggiare la propria auto nel cortile impedendo l′accesso agli altri condòmini

Il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente la persona offesa della libertà di determinazione e di azione

La Cassazione, con la sentenza 37091 del 30 settembre 2022, ha stabilito che commette il reato di violenza privata il condomino che, parcheggiando il proprio mezzo in area condominiale, impedisce a un altro condomino di accedere al proprio box auto. I fatti di causa La vicenda posta al vaglio degli ermellini traeva origine dalla condanna a pena di giustizia, da parte del Tribunale in composizione monocratica, di Caio e Sempronia per il reato di cui agli articoli 81, comma secondo, 110, 610 Codice penale, dal 2010 con condotta perdurante, nonché al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili; in più occasioni, infatti, gli imputati avevano parcheggiato la propria macchina impedendo in tal modo a Tizio e Mevia l′accesso al loro box auto. I giudici di secondo grado riformavano la sentenza di primo grado dichiarando non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere estinti per prescrizione gli episodi fino al 6 giugno 2011 e rideterminando la pena in ordine ai fatti commessi in epoca successiva; altresì, confermavano le statuizioni civili in riferimento a tutti gli episodi come originariamente contestati. Il ricorso alla Suprema corte A questo punto, Caio e Sempronia si rivolgevano alla Suprema corte deducendo, in particolare, il vizio di motivazione, ai sensi dellarticolo 606 lettera e) Codice procedura civile, in quanto la Corte territoriale aveva ritenuto sussistente la fattispecie di violenza privata per il mero ritardo nello spostare l′auto parcheggiata nel cortile condominiale; inoltre, evidenziavano che il regolamento di condominio era stato approvato con delibera del 20 dicembre 2010, e che prima di detta data non vigeva alcun divieto di parcheggio nel cortile del condominio. I giudici di legittimità davano torto a Caio e Sempronia, dal momento che consideravano il ricorso connotato da argomentazioni tendenti ad una diversa ricostruzione dei fatti e ad una alternativa valutazione delle prove, oltre che contrastante in maniera palese con i canoni ermeneutici indicati dalla giurisprudenza di legittimità.In particolare, il Tribunale Supremo ribadiva il seguente principio di legittimità: Quanto alla configurabilità del delitto di violenza privata, va ricordato come pacificamente la condotta ascritta agli imputati - consistente nel parcheggiare la propria vettura allinterno del cortile condominiale in modo da impedire alle persone offese di poter liberamente accedere al box auto di loro proprietà - integri pacificamente la fattispecie di cui allarticolo 610 Codice penale contestata, atteso che il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente la persona offesa della libertà di determinazione e di azione. Lostruzione sistematica del passaggio Altresì, gli ermellini ritenevano che non avesse rilevanza alcuna la deduzione circa la delibera condominiale, dal momento che appariva evidente come la convinzione sulla sussistenza di un diritto ad usufruire della corte condominiale per parcheggiare la propria vettura si ponesse su di un piano ben diverso dalla specifica modalità di parcheggio utilizzata dagli imputati, consistente nellostruire sistematicamente laccesso ad un garage privato, il che rendeva evidente come apparisse del tutto pretestuoso il richiamo allarticolo 392 Codice penale.In virtù di ciò, la Suprema corte dichiarava inammissibili i ricorsi e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili nel giudizio di legittimità.